Ansia,  Le nostre ricette

Canto di Capodanno – Capitolo Due

Qualcosa mi schiaffeggia.
Che giorno è? Dove mi trovo? Per quanto sono stato incosciente? Sarà caduto il governo? I jeans a vita alta saranno di nuovo passati di moda?
Vengo schiaffeggiato di nuovo. Una voce ovattata si fa strada nella mia mente ancora confusa.

“Davide…”

“Selena? Sei tu? Dove mi trovo? Dio, l’ultima cosa che mi ricordo era Max Pezzali che giocava ai Pokémon sul mio cesso.”
Pervaso da un lungo spasmo, spalanco gli occhi.
Lui è ancora lì, ma tutto il resto di casa mia è scomparso. Intorno a me regna il nulla più assoluto, buio totale, come quando un videogioco si bugga e finisci nel vuoto oltre il confine della mappa giocabile.
Max si infila il Gameboy nella tasca del chiodo. “Grandissimo Davide, bentornato”
“D-dove mi trovo? E che ci facevi tu nel mio cesso?”
“Beh, come ti dicevo tra una cazzata e l’altra c’è Cisco che passa in bagno un’eternità. Chiediti piuttosto quando ti trovi.”
“In che s-senso? In che anno siamo?”
“Le fibre stesse dell’universo stanno cominciando a disfarsi, il tempo è una delle prime cose che solitamente vengono affette dalla decompressione. I livelli energetici fra una stringa e l’altra si riducono e permettono a noi Araldi di muoverci più liberamente fra una brana dimensionale e la sua oscillazione adiacente.”
“Eh?”
“O forse semplicemente io sono un parto della tua mente e tu ti stai sparando il solito viaggione del cazzo, vedi tu. In ogni caso, bentornato al 2001.”
Si cala la visiera del cappellino sulla fronte, schiocca le dita e di colpo alcune strutture iniziano a materializzarsi attorno a noi.
“Riesci a riconoscere dove ti trovi, Davide?”
Avverto un peso scivolare lungo le spalle, un paio di bretelle della Seven un po’ logore.
Apro lo zaino e dentro trovo un libro di geografia, uno di matematica, un panino al crudo avvolto nella stagnola, un cd masterizzato e un pacchettino di carte dei Pokémon legato con un elastico. Un edificio di mattoni rossi si innalza intorno a me, sui muri c’è scritto ‘Sofia troia’ e ‘Alex 6 bello by me’. C’è odore di matite temperate e di profumo scadente da ragazzina.
“Oddio Max, non ci credo… sono alle scuole medie.”
Istintivamente mi infilo la mano nei pantaloni della tuta.
“…e sono senza peli! Come cacchio hai fatto?”
Max sogghigna. “Uomo bianco, vieni qui.”
[“Stai attento, non ci andare!”]
“Chi ha parlato?”
“Nessuno, tranquillo. Sarà solo la tua mente, come al solito. Posso leggerti il futuro se lo vuoi.”
[“Dì di no!”]
“No no Max, ho sentito distintamente una voce.”
“Sarai stanco ed affamato, amico mio.”
[“Sì lo so!”]
“Chi cazzo sta parlando? Max mi stai spaventando.”
“Ci staranno seguendo forse. Accarezzo un po’ la Colt.
[“Dio ti prego non lo fare!”]
“Max, c’è una vocina stridula che ha appena detto ‘Dio ti prego non lo fare’.
“Aspetta un attimo.” L’Araldo estrae un walkman consumato e preme il pulsante stop. “Avevo lasciato ‘Nord, Sud, Ovest, Est’ accesa. Lascia fare.”
“Perché mi hai portato qui? Cosa volevi dimostrare facendomi rimpicciolire il pisello?”
“Raccontami tu qualcosa, man. Cosa ti rievoca questo posto?”
“Beh, era il 2001, ero in seconda media. Tutte le mattine mia mamma mi preparava un panino per merenda. A scuola andavo molto bene, ero il primo della classe. Avevo ormai bruciato le cartucce di Pokémon Silver e Crystal e spendevo tutte le mie paghette nelle carte da gioco. I Pokémon erano praticamente tutta la mia vita. Ed era appena uscito Diablo 2! Non mi sembrava vero, che grafica assurda aveva! L’unica cosa che mi faceva spezzare da Age of Empires 2 e Final Fantasy 8. Oh oh, e gli autoscontri nel doposcuola! Che figata quando arrivavano in città. Era l’anno dei Gorillaz, di Valeria Rossi, dei The Ark e di Geri Halliwell.
Passavo le giornate a leggermi il manga di Dragon Ball pensando che fosse una cosa totalmente proibita, c’era Bulma nuda ogni due o tre capitoli. Fu la prima volta che vidi Evangelion, pensai subito che non ci fosse nulla di più bello al mondo. Ho ricevuto il mio primo cellulare, il 3310. Avevo Freestyler dei Bomfunk MCs come suoneria e mi sembrava il massimo della tecnologia. In due giorni mi ero già svuotato il credito della SIM in messaggini e loghi. Avevo chiesto a mio padre di portarmi al FuturShow in Fiera a Bologna, e per una botta di culo avevo vinto uno dei primi lettori MP3 della storia, il Rio PMP-300. Riempito con rutti, scoregge e pubblicità regresso di SitoEsaurito. E con te, Max. ‘Hanno ucciso l’Uomo Ragno’.”
“Quale onore essere inserito tra rutti e scoregge! Scaricato illegalmente, per giunta!”
“Santoddio, che figata che era, Max. Nessun problema, nessun pensiero, come ero felice.”
Il palazzo attorno a noi si sgretola, gli scorci del complesso scolastico evaporano uno dopo l’altro. Siamo nuovamente nel nulla cosmico.
L’espressione di Max sembra rabbuiarsi. “Sei sicuro di quello che dici, Davide?”
Schiocca nuovamente le dita. Nella nebbia si materializzano le figure delle Twin Towers, pochi istanti prima della tragedia. Figure di ragazzi si stagliano sopra di me, sento il peso del loro sguardo, come se volessero spezzarmi le ossa col pensiero.
Una morsa comincia a stringersi attorno alla gola, faccio fatica a deglutire.
“Ti rinfresco la memoria io, hombre. Ti sei dimenticato che nel 2001 sei rimasto un intero weekend a casa a piangere perchè la ragazzina che ti piaceva aveva invitato tutti al suo festino tranne te? Ti avevano sfottuto perché eri sempre vestito da sfigato, pensavi ai Pokémon anziché al calcio e ai motorini, ascoltavi me e gli 883 quando spopolava la Dance e l’Hardcore. Brr, Dio ce ne scampi dai Gabber.”
“Oddio, ora me lo ricordo. Sono tornato il lunedì mattina a scuola con i capelli ingellati in modo orribile e gli occhiali da sole solo perché volevo sembrare figo. E invece mi hanno preso tutti per il culo. Fu una delle prime volte in cui mi sentii terribilmente solo.”
“E ti sei scordato che non hai preso lo scuolabus per un anno perché c’era un tizio che ti picchiava? E i panini di tua madre? Un buon 50% te li rubavano. Gli stessi tizi che si autoinvitavano tutti i pomeriggi a casa tua perché volevano fare casino, giocare con la tua playstation, rubarti le carte dei pokémon e fumare di nascosto. Al pomeriggio eri sempre nel panico, chiudevi gli scuri e ti nascondevi per far finta di non essere a casa.”
“Max, cazzo, fa male ‘sta roba.”
“Beh, infine abbiamo l’11 Settembre. Sarà una stronzata, ma è stato il momento in cui il mondo intero ha fatto irruzione nella tua piccola realtà di campagna. Ai telegiornali non si parlava d’altro, ‘i terroristi, i terroristi!’ ogni cinque minuti, la lezione ogni giorno era ‘dubita dello straniero’. Nessuno si aspettava che il mondo cambiasse in quel modo, nel primo anno del nuovo millennio.”
“Max, ti prego, basta. Ho solo dodici anni.”
“Vediamo un po’. E se invece ne avessi venti di anni?”
Schiocca le dita un’altra volta. Sento i muscoli delle gambe distendersi e le ossa allungarsi. Anche i capelli si allungano, ora li sento cadere sulle spalle. Una tracolla dell’Eastpak mi compare attorno al collo, al suo interno degli appunti fotocopiati di Giapponese 1, un Ipod e una stupida cuffia grigia.
Phew… meno male. Finalmente i bellissimi anni dell’università di lingue straniere. Quanti ricordi! I concerti metal, le lezioni di letteratura giapponese, una marea di amici con cui stare in piedi tutta la notte bevendo birra e cantando fino all’alba, le grigliate su Monte Donato, le interminabili sessioni di gioco di League of Legends. Ogni giorno era una festa, mi divertivo come un matto e…”
“E i fallimenti.” Mi interrompe Max con un sorriso sornione. “Il senso di fallimento di aver dovuto cambiare facoltà, il dolore di aver deluso la tua famiglia per non aver portato avanti Medicina e Chirurgia, gli amici che si laureano prima di te, la tua prima vera storia d’amore che finisce nel nulla, lo smarrimento di non sapere cosa fare della tua vita. Te le sei scordate tutte queste cose, man? Fammi indovinare, l’erasmus in Norvegia è stato il momento più bello della tua vita?”
“S-sì Max. Ti prego n-”
“Vedi, hai sepolto anche questo. La paura di dover campare lontano da casa, di lasciare i tuoi amici alle spalle… gli stessi amici che poi al tuo ritorno si sono fatti di nebbia. La diagnosi di tua nonna mentre eri via.. devo andare avanti?”
“Cazzo Max, ti scongiuro, fermati.”
“E loro, Davide?”
Schiocca le dita nuovamente. Un dolore lancinante si dirama dal petto, i capelli si allungano ancora, spunta una barba sparuta e la pancetta da birra.
Un’onda mi colpisce le caviglie, il bagnasciuga è freddissimo. Dalla schiuma si innalzano delle figure femminili, si tengono il volto inespressivo fra le mani e piangono a non finire.
“Dove sono loro nella tua testa, ora che hai 30 anni? Dove sono le ragazze che hanno camminato al tuo fianco? Dove sono finiti gli acquerelli, gli occhi di ghiaccio, i fumetti, le lentiggini, i bicchieri di vino, la pelle profumata e le notti insieme? Dove sono tutte quante?”
Le entità di spuma del mare tentano di agguantarmi, si aggrappano alle mie gambe. “Lasciaci andare, lasciaci andare” sussurrano.
Cado in ginocchio, questa visione ha definitivamente spezzato qualcosa dentro di me. L’oceano scompare, e lascia di nuovo spazio al buio.
“Max, non ce la faccio più a continuare. Questo è davvero troppo. Che cosa vuoi da me?””
“Il tempo passa per tutti, lo sai. Nessuno indietro lo riporterà, neppure noi.”
“Ma che cazzo, ti sei palesato per darmi lezioni di vita autocitandoti?”
“Vecchio, sono un parto del tuo subconscio, non hai pensato che forse sei tu lo stupido a cercare le risposte nelle mie canzoni, neh?”
“Giuro che la prossima volta mi impegnerò a non avere una coscienza che venga da Pavia, VEZ.”
“Tranqui man, il mio tempo sta per scadere. Ma la tua generazione ha un bisogno costante che queste cose vi vengano sbattute in faccia. Non imparate mai.”
“Che vuoi dire?”
“Beh, la tua generazione – o millennial, come vi piace chiamarvi per darvi un tono- ha la nostalgia nel DNA. Davvero, il mondo in cui vivevate è cresciuto molto più in fretta di quanto lo abbiate fatto voi. La tecnologia, la comunicazione, la società si è evoluta a ritmi serratissimi, e voi non avete potuto fare altro che rimanere indietro. Avete nostalgia del 3310, di MSN e dei videogiochi del 2000 perché quattro mesi dopo erano già obsoleti. E credimi, la mente quando cerca di ricordare gioca dei brutti scherzi. ‘La memoria non racconta la verità, seleziona solamente ciò che le va. Fa sembrare sempre più bello il prima del poi, un passato mitico che non torna mai.’”
“Ti sei citato di nuovo, MAN?”
“Sì, ma era troppo calzante per non farlo. Quando ricordiamo qualcosa, è facile cadere nel suo inganno. È facile rimanere ancorati al passato. Suvvia, guardatevi un attimo, cantate ‘Gli Anni’ a squarciagola e con gli occhi lucidi come se vi mancassero davvero ‘gli anni d’oro del grande Real, gli anni di Happy Days e di Ralph Malph’. Non so nemmeno se davvero sapete chi sia Ralph Malph. È bello essere coccolati nell’abbraccio del passato. È bello stare nella comfort zone quando ormai il cervello ha messo via nei vari cassetti le cose spiacevoli. Soprattutto le persone, le relazioni che hai avuto, è triste pensarlo ma ormai sono finite. Ti hanno dato tanto, ma non perdere di vista il punto fondamentale della faccenda.”
“E cioè?”
Lascia andare. Non è quella la direzione che devi prendere. Quando ripensi al passato, ricorda tutto quanto, sii obiettivo e non rimanere invischiato nella trappola della nostalgia e lascia andare. Solo così potrai liberarti di tutto quel peso che ti porti sempre dietro. Non potrai mai migliorare se non ti lasci la zavorra alle spalle, se non impari a perdonarti. Solo così troverai la forza per andare avanti. Fidati, lascia andare, e tutto andrà meglio. Dopotutto me ne intendo, ho fatto una carriera intera sul farvi venire il magone per la nostalgia.”
“Max, io non so se…”
“Ce la farai. Ora so che tu vedi quel che vedo io. Ci sentiamo dove sai.”

Schiocca le dita un’ultima volta. La Dimensione delle Cose Perse si dissolve.
Quando mi sveglio a casa mia, nella mano stringo un piccolo lettore MP3.
Un Rio PMP-300.

L’angolo della ricetta di Burro & Ansia

Dai, sappiamo che siete tutti in isolamento ora. Quale migliore momento per panificare un po’? Vi lasciamo qui una ricettina per provare a fare un paio di pagnottine. Mi raccomando, non fatevele rubare dai bulli di quartiere!

Ingredienti:
250 g di farina di farro
250 g di farina integrale
250 g di acqua
2 cucchiai di olio EVO
5 g di lievito secco
1 cucchiaio raso di sale
1 cucchiaino di zucchero

Procedimento:
Miscelare innanzitutto le farine.
Attivare il lievito in poca acqua tiepida con lo zucchero e unire alle farine.
Aggiungere l’acqua un poco alla volta e lavorare l’impasto fino a completo assorbimento. Solo a questo punto aggiungere il sale e impastare fino a che non avrà incorporato il tutto.
Infine aggiungere l’olio e continuare a impastare fino al raggiungimento di un impasto non appiccicoso.
Porzionarla in pagnotte e fare lievitare per circa 3-4 ore.
Cuocere infine a 200 ° in forno ventilato per 15 minuti circa.



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