Ansia

CARLONE AL GIAPPONESE

Probabilmente nel 2079, quando avrò 90 anni, esisteranno ristoranti in cui poter provare le ricette della tradizione marziana, oppure si potrà scaricare direttamente il cibo dal cloud storage di Mc Donalds. (Ma poi perchè pormi il problema, a 90 anni manco ci arrivo, e probabilmente la società sarà già collassata da tempo.)

Ecco, mio nonno, 90 anni suonati, per il mio compleanno ha accettato di venire a mangiare con me al ristorante giapponese. Per lui deve essere stata più o meno la stessa sensazione descritta sopra.

Riporterò qui alcune impressioni a caldo, con annessa traduzione dal venusiano.

“Ma as magnan al tajadél?” (“Ma si mangiano le tagliatelle?”)

“Davide, ma al camariir ilan tòtt ciniis?” (“Davide, ma le cameriere sono tutte cinesi?”)

“Signurine, iit qualcose ad fazil da sgagner? Che me ai jo brise i dènt bòn!” (“Signorina, ha qualcosa di facile da masticare? Che io non mica i denti buoni!”)

– Davanti ad una zuppa di miso – “Cus’el, dal minestròn? Ma as magnan to c’la rubaze que dentar?” (“ Cos’è, del minestrone? Ma si mangia tutta quella robaccia qui dentro?”)

Segue una intensa sessione in cui mi chiede di insegnargli ad usare le bacchette. Fallendo, mi guarda e fa: “Davide, ai poss tularl a cà?” (“Davide, posso prenderle a casa?”)

Il vino comincia a correre, lo annacqua ma ne beve praticamente una caraffa solo lui, soddisfatto. Ruba degli uramaki dal piatto di mia madre, pilucca della salsa di soia, mangia un boccone di zenzero e lo sputa schifato.

– Riferito ai suoi amici del centro anziani – “Me ai voj brise andèr in qual bar, l’è tot piin d’oche morti!” (“Non voglio andare in quel bar, è pieno di oche morte!”)

Tendendosi la faccia con le mani: “Guardam la faze. An soj brisa grenz cùmper i mi amiig!” (“Guardami la faccia. Non sono mica grinzo come i miei amici!”)

E poi voleva il pane.

Mai togliere il pane a un vecchietto bolognese. Abbiamo dovuto farci portare dei grissini.

Segue un furto di biscotti della fortuna. Dopo aver capito come funzionano, divertito li apre tutti e mi chiede di leggergli i bigliettini. “Nonno, c’è scritto che sei una persona socievole e affidabile.” Alza lo sguardo e si caccia a ridere.

Infine, barcollando per il troppo vino, va al bagno. Tornando con la zip dei pantaloni abbassata, glielo faccio notare.

“Nonno, hai la bottega aperta!”

Urlando fortissimo nel locale, esclama: “La gabbia l’è averte, ma l’usel l’è mort!” (La gabbia è aperta, ma l’uccello è morto!)

Vorrei poter incollare ad un fotogramma di quella serata il logo di Cyberpunk 2077. Mai visto nessuno tenere botta così bene ad uno shock culturale!

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