Ansia,  Le nostre ricette,  Racconti

La Quadriglia delle Aragoste

- Will you, won't you, will you, won't you, will you join the dance?

Selena cominciava a sentirsi mortalmente stanca, dopo un’intera giornata a lavorare su Cad.
Uno scalpiccìo di passi frenetici tamburellavano fuori dalla porta. Chiara, la coinquilina, sembrava particolarmente su di giri.
“Seleselesele! Ho appena finito di vedere un documentario curdo in curdo sulle combattenti curde, e mi è salita un’insormontabile voglia di andare a fare balotta al Labas!” Scrutò compulsivamente l’orologio. “Siamo in ritardo, in arciritardissimo!”
“Il Labas? Non so se sono abbastanza comunista perchè mi lascino entrare. Una volta ho mandato via il tipo di Lotta Comunista che mi ha suonato alla porta!”
“Ma questo ti fa perdere almeno due punti sulla scala del comunismo!” rispose Chiara sgomenta.
“Ma era sabato mattina!” ribattè Selena.
“Questo fa di te un’apprendista-comunista.” La piccola ragazza dai capelli rossi si mise a calcolare a mente. “Livello 4, dobbiamo lavorarci un po’ su.”
“Ma da quando abbiamo i livelli?”
“Io una volta ho sgrugnato per terra sotto al portico del Pavaglione durante una carica della Polizia e ho strappato un livello 9.” aggiunse Chiara con orgoglio.
“Sì ma scusa, come funziona sta roba?” domandò Selena.
“Lo sentirai. Lo avvertirai negli elementi attorno a te. Lo avvertirai dentro di te. Quando sono arrivata al livello 9 mi sono accorta di avere esattamente nove pillole dentro al blister ed erano le 9:09 di sera. Però ora muoviamoci che è tardi, Davide e la Fra sono già là. È tardi, tardi sai!”
Chiusero la porta alle loro spalle e corsero giù per la tromba delle scale.

Un’orda si ammassava davanti alle porte del Labas. Nella folla il metro e cinquanta della Chiara si perse nella marea di persone.
“Seleselesele, è tardissimo, io comincio ad entrare, ciaaaoooooo!”
Selena, alzando lo sguardo, accettò rassegnata il proprio destino.
Uno sbarbino con la maglia a righe viola e rosa la scrutava appollaiato su uno sgabello. Un sorriso profondo e tirato gli tagliava il volto a metà.
“Righe rosa e viola? Dove le ho già viste?” borbottò Selena fra sé e sé.
“Scusami, potresti dirmi, per favore, quale strada devo prendere per entrare?”
“Tutto dipende da dove vuoi andare.” rispose lo sbarbo dal dubbio gusto in fatto di maglie.
“Non lo so!” ribatté Selena.
“Allora non importa quale via sceglierai.”
“Basta che io riesca a raggiungere i miei amici!” aggiunse Selena stizzita.
“Oh, di sicuro lo farai, se solo prenderai questo bicchiere riutilizzabile con soli 2 euro di caparra.”
Selena sentì che tale affermazione non poteva essere contraddetta, così provò con un’altra domanda: “Che tipo di gente frequenta questo posto?”
“In quella direzione troverai un Birraio Matto” disse lo Sbarbo, agitando la sua mano destra. “E in quella direzione,” agitando l’altra mano, “troverai il Drogaliffo. Visita quello che preferisci: tanto sono entrambi ragazzini.”
“Ma io non voglio andare in mezzo ai ragazzini.” si lamentò Selena.
“Oh, non hai altra scelta,” disse lo Sbarbo: “qui siamo tutti ragazzini. Io sono un ragazzino. Tu sei una ragazzina.”
“Come lo sai che sono una ragazzina?” disse Selena.
“Devi esserlo,” disse lo Sbarbo, “altrimenti non saresti venuta qua.”
Selena non pensava che questo bastasse a dimostrarlo. Ad ogni modo, andò avanti. “E come sai di essere un ragazzino?”
“Ti faccio un esempio” disse lo Sbarbo, “Un adulto non è un ragazzino. Concordi?”
“Immagino sia così,” disse Selena.
“Bene, allora.” Lo Sbarbo andò avanti. “Vedi, un adulto si incazza quando deve uscire di casa, mentre è felice quando può andare a letto presto. Io invece sono felice quando posso fare balotta, e sono triste quando devo stare a casa. Quindi sono un ragazzino.”
“Io la chiamo MOVIDA, non balotta.” disse Selena.
“Chiamala come preferisci,” disse lo Sbarbo. “Lo vuoi o no sto cazzo di bicchiere?”


Francesca, anch’essa perduta in mezzo alla folla, attirata da uno strano canto, decise di avvicinarsi al bancone del bar. Dietro alle spine della birra un giovane barbuto con la coppola e il suo aiutante smilzo con una giacca rossa scintillante parevano intenti a brindare a tutto spiano.
“Buoni non-30 anni!” Il barista e la sua spalla si lanciavano dei bicchieri e delle bottiglie di alcolici. “A me! A te! A me! A te! Buoooooni Non-Trent’anni a teee! Brindiamo con la IPA tutti insieme e sai perchèèèèè? Buoni Non-Trent’anni a teeee!”
Francesca decise di sedersi di fronte a loro per osservarli più da vicino.
“Ehi, ehi! Non c’è posto, non c’è posto, non c’è posto!” sbraitò il Birraio.
“Ma mi sembra che qui sia pieno di posti vuoti!” rispose Francesca.
“Guarda che non è corretto sedersi senza essere stati invitati!” ribatté lo Smilzo.
Un ubriaco riverso per terra alzò lo sguardo vitreo biascicando: “Scorrettissimissimissimo!”
“Chiedo scusa” chiese Francesca “Mi è piaciuto così tanto il vostro canto che ho pensato che…”
“Ti è piaciuto il nostro canto?” si bloccò lo Smilzo sbalordito.
“Oh, ma che cinna simpatica.” disse il Birraio. “Son così emozionato, nessuno ci fa mai un complimento. Prendi una pinta di birra!”
“Devi accettare una pinta di birra!” si intromise l’aiutante. “Prendi una birra, prendi una birra!”
“Volentieri! Scusatemi se vi ho interrotto mentre festeggiavate i vostri trent’anni!”
“Trent’anni? Ma mia cara bambina non abbiamo trent’anni! Ci mancherebbe, noi festeggiamo i Non-Trent’anni!”
“Scusatemi, non riesco a capire.”
“Ebbene, io ti deluciderò: noi tutti prima o poi faremo i trent’anni, ma festeggiamo ogni giorno il fatto di non esserci ancora arrivati!”
“No vabbè ma io ho ancora 29 anni, li compio fra un mese! Anche io posso festeggiare i Non-Trent’anni!”
“Daaaavveeeero? Allora Smilzo, birra per tutti!” Il Birraio alzò il bicchiere e la folla di ragazzini si unì con lui a cantare.
“Buoni non-30 anni! A me! A te! A me! A te! Buoooooni Non-Trent’anni a teee! Brindiamo con la IPA tutti insieme e sai perchèèèèè? Buoni Non-Trent’anni a teeee!”
“Ma Birraio, io voglio la rossa doppio malto!” lo interruppe Francesca, leggendo l’elenco delle birre sulla lavagna.
“Prendi quel cazzo che vuoi, tanto son tutte IPA!”


In un angolo del porticato, appoggiato ad una colonna, un ragazzo coi capelli raccolti sotto ad una cuffia di lana era intento a far su.
Davide, sorseggiando quella che pareva essere una IPA, rimase incantato dalla maestria con cui le sue dita viaggiavano intorno alla cartina e ad uno strano filtro azzurro. Un peculiare colore giallastro balenava sui suoi incisivi mentre la leccava, un lascito di placca di ere precedenti.
Davide e il tizio si guardarono a vicenda per qualche tempo in silenzio. Questo inforcò la canna fra le dita, e gli parlò con voce languida e sonnacchiosa:
“Chi sei?” disse.
Sobbalzò per la domanda inaspettata. “Piacere, mi chiamo…”
“Non hai capito mi sa. Chi sei?” insistette lo strano figuro.
“Oddio… io sono… Io.”
“Ne sei sicuro?” gli occhi appallati cominciarono a scrutarlo.
“Vez, direi.” rispose Davide indispettito.
“Non chiamarmi vez.” ribatté il drogato.
“Ma cosa sei tu, piuttosto?”
“In questo luogo mi chiamano Drogaliffo.”
“Sarà sicuramente per meriti sportivi.” sogghignò fra sè e sè.
“Ma parliamo di te.” Lo interruppe il Drogaliffo. “Il tuo sguardo mi dice molte cose, Davide.”
“Ma come fai a sapere che mi chiamo Davide?”
“Perchè ti osservo. Ti osservo da una vita.” Il tartaro brillava alla luce della Luna.
“Ma sono entrato al Labas solo da cinque minuti!” lo incalzò Davide.
“Da dove vengo io la mia gente ha imparato a trascendere il tempo e lo spazio.”
“Da dove vieni? Non dirmi che vieni da un’altra dimensione.”
“Sono io a fare le domande. Chi sei, Davide?”
“Non ne sono più sicuro. So chi ero questa mattina quando mi sono svegliato, ma ora non lo so più. Tutta questa maieutica mi sta facendo male.” rispose confuso.
“Bravo Davide. Perchè stai cambiando. Ogni istante genera una nuova versione di te, che si riflette all’infinito negli occhi di chi ti osserva. Nel tempo infinito esistono infinite versioni di te stesso, ma la tua limitata mente ti porta solo a percepirne una alla volta.”
“Dove vuoi andare a parare, Drogaliffo?”
“Adesso ti dico perché sei qui. Sei qui perché intuisci qualcosa che non riesci a spiegarti. Senti solo che c’è. È tutta la vita che hai la sensazione che ci sia qualcosa che non quadra, nel mondo. Non sai bene di che si tratta ma l’avverti. È un chiodo fisso nel cervello. Da diventarci matto. È questa sensazione che ti ha portato da me. Tu sai di cosa sto parlando. Vuoi la verità?” Si sfilò da dietro un orecchio un’altra canna già rollata, ma questa volta con un filtro colorato di rosso. “Fai un tiro. Canna azzurra, fine della storia: domani ti sveglierai in camera tua, e crederai a quello che vorrai. Canna rossa, resti nel paese delle meraviglie, e vedrai quant’è profonda la tana del bianconiglio.”
“Ti ringrazio, ma mi dà tachicardia.” Un conato salì ripensando al tartaro giallastro e a quella bava di una bocca aliena. “Come se avessi accettato.”
“Allora dimmela tu la verità.” lo inquisì il Drogaliffo.
“Ho paura di invecchiare. E qui dentro siamo i più vecchi, a quanto pare. Ci sono solo ragazzini di vent’anni, che mi sbattono in faccia che quegli anni li ho già consumati.”
Il Drogaliffo prese un accendino, si accese la canna rossa e diede una profondissima boccata. Una nuvola li avvolse.
“Questo perchè tu vivi fossilizzato in questo istante. Sai chi ha paura quanto te?”
“Dimmelo, Drogaliffo.”
“Tutti loro. I ragazzini intorno a te. Sono qui a ballare, bere e cantare per non pensare ai problemi del liceo, dell’università, dei soldi che mancano, della dipendenza dai genitori, del dover trovare ancora la propria strada, quando ogni giorno che finisce suona come una sentenza sul futuro. Ma loro vengono qui e ballano. Ogni età ha le sue aspettative, i suoi pregi e i suoi difetti, solo che si tende a dimenticarli. Ed è per questo che stasera siete qui. Per adattarvi. Abbraccia tutto ciò che sei stato, i ricordi, le gioie e le paure dei vent’anni, le infinite versioni di te che ti hanno preceduto, e vieni a ballare. Invecchia colui che non vuole più adattarsi, non chi cresce. Unisciti alla Quadriglia e balla insieme a tutti.”
“Ma vez, io…”
“Non chiamarmi vez. I ragazzini qui dicono “fra”. Poi ti sgamano che sei un millennial.”
“Io non so come ringraziarti.”
“Una paglia per far su dopo può andare, dai.”
Davide sorrise, sfilò una sigaretta dal pacchetto e la porse al Drogaliffo. Fece per andarsene, ma poi si arrestò.
“Quindi da dove vieni? Dove hai imparato tutto questo?”
Il Drogaliffo fece un tiro, si riempì i polmoni ed espirando in uno sbuffo di fumo rispose: “Studio al DAMS qui, ma in realtà sono di Brindisi. In Puglia abbiamo imparato a trascendere costrutti mentali umani come come spazio, tempo o l’Ilva di Taranto.”


Selena, armata di un bicchiere nuovo fiammante su cauzione, si accorse di Francesca che riversava in condizioni pietose, appoggiata al bancone del bar.
Davanti a lei c’erano cinque shottini e cinque bicchieri di IPA vuoti.
Selena si arrestò e controllò che ore fossero. Le due e cinque.
Aprì il portafoglio e vide 5 euro al suo interno.
Si guardò la mano destra e vide cinque dita. Incredibilmente, anche nella sinistra.
“Non è possibile.” Avvertì una gioia misto voglia di rivoluzione montarle dentro.
Saltò addosso a Francesca, abbracciandola. “Oddio, sono salita di livello!”
Francesca, visibilmente confusa e sbronza ma in preda all’entusiasmo ricambiò l’abbraccio. “E io non ho trent’anni! Woo-hoo!”
Spintonando fra la folla, le raggiunse anche Davide.
“Oddio Davide, che fine avevi fatto?” chiese Selena.
“Troppo lunga da spiegare. Ma ho scoperto che i pugliesi vengono da un’altra dimensione. Non hai idea del viaggio che mi sono fatto, fra.”
“Davide, io sono la Sele, è lei la Fra. Che cazzo ti sei fumato?”
“Curiosa scelta di parole, Sele.”
“Ma quindi? Che si fa ora? Merda, siamo i più vecchi del Labas, io non so…”
Davide alzò le spalle. “Che dite, si va a ballare?”
Selena e Francesca sorrisero. “Si va a ballare.”



Programma registrato prima del DPCM del 4 marzo 2020

Muffin al cacao con gocce di cioccolato e cuore di nutella (12 muffin)

Ingredienti:
125 gr di burro
265 gr di farina
135 gr di zucchero
135 gr di latte
2 uova
1 cucchiaino raso di bicarbonato
10 gr di lievito per dolci
1 pizzico di sale
100 gr di gocce di cioccolato
Nutella q.b.
60 gr. di cacao amaro

Preparazione:
Amalgamate il burro a temperatura ambiente con lo zucchero e poi aggiungete le uova una alla volta. Mi raccomando anche le uova non devono essere fredde da frigo. Ora è il momento di unire le polveri quindi un po’ alla volta unite la farina setacciata, il lievito, il bicarbonato, il cacao amaro e il sale. Adesso stemperate il composto che dovrebbe risultare consistente con il latte a filo.
Per ultime aggiungete solo 80 gr. di gocce di cioccolato, riempite i pirottini a metà e con l’aiuto di un cucchiaino adagiate un po’ di nutella al centro di ogni muffin per poi coprire con altro impasto. Aggiungete infine sopra le restanti gocce di cioccolato.
Infornate ora i pirottini e cuoceteli in forno ventilato a 160 gradi per 15/20 minuti.
I muffin saranno molto invitanti ma mi raccomando non abbiate fretta, lasciateli raffreddare prima di toglierli dai pirottini.

Muffin con cuore di confettura di lamponi (12 muffin)

Ingredienti:
2 uova
120 g di zucchero
120 ml di latte
120 ml di olio di semi
280 g di farina
1 bustina di lievito per dolci
1/2 cucchiaino di bicarbonato
scorza di mezzo limone bio
confettura extra di lamponi come goloso ripieno
zuccherini per decorare

Preparazione:
Montate le uova con lo zucchero e aggiungete latte e l’olio amalgamando bene tutto. Aggiungete la farina setacciata con il lievito, la vanillina e il bicarbonato mescolando tutto con una frusta.
Preparate i pirottini di carta dentro l’apposita teglia per i muffin.
Mettete una cucchiaiata abbondante di impasto nel pirottino, aggiungere un cucchiaino pieno di confettura di lamponi e chiudere con un altro cucchiaio di impasto. Spolverate ogni muffin con zuccherini o con tutte le decorazioni zuccherose che vi vengono in mente.
Mettete a cuocere in forno statico a 180° per circa 20 minuti.

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